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Una favola dell'Ottocento. Il Duca D'Aumale e il Feudo dello Zucco
"Di una storia è vero solo quello che l'ascoltatore crede". Hermann Hesse
La favola che mi appresto a raccontarvi è realmente accaduta in Sicilia due secoli fa, il cui protagonista non è un principe bensì un duca: Enrico Eugenio Filippo Luigi d'Orléans, duca d'Aumale.
Altro importante protagonista di questa favola è un pezzo di terra di 330 ettari, posto tra i comuni di Carini, Terrasini, Montelepre, Partinico e Giardinello: il feudo dello Zucco. Questa è una favola di cui ancora si possono trovare testimonianze tra Palermo e la Francia, dove vengono custoditi documenti, progetti, tavole grafiche e reperti del tempo in cui il nobile realizzò il suo sogno imprenditoriale: produrre vini di alta qualità in Sicilia dove ancora la vinificazione era legata a procedimenti arcaici che davano prodotti "non potabili".
Henry d'Aumale era un uomo illuminato, un personaggio affascinante e poliedrico, imprenditore, bibliografo, politico, condottiero, collezionista d'arte. D'Aumale si sposò con la principessa Maria Carolina Augusta delle Due Sicilie. Proprietario dei Castello di Chantilly, aveva comunque un forte legame con l'isola e, in particolare con Palermo dove ereditò la dimora avita, il Palazzo D'Orléans, oggi sede della Presidenza della Regione Siciliana. Fu così che nel 1853, in uno dei suoi soggiorni in Sicilia, Henry d'Aumale acquistò l'ingente patrimonio dei principi di Partanna messi all'asta dalla Rothschild di Napoli.
Lo Zucco diventò una delle sue residenze di campagna e vi realizzò un avanguardistico sistema di gestione imprenditoriale del territorio, basato essenzialmente sulla coltivazione e la lavorazione dell'uva e dell'ulivo. Il duca però aveva una passione: il vino.
E così avviò allo Zucco una produzione vitivinicola all'avanguardia. Fece arrivare dalla Francia delle maestranze specializzate al fine di istruire quelle locali sulle tecniche di coltivazione "a spalliera" della vite; e degli enologi per insegnare le tecniche di vinificazione. Fu il primo imprenditore in Sicilia ad imbottigliare il vino.
Il protagonista della nostra favola fece realizzare un'estesa operazione di bonifica ed irrigazione delle terre ed impiantò alcune tra le più tipiche colture siciliane. Trasformò la fattoria in una moderna e complessa azienda, specializzata nella coltivazione di un vitigno autoctono, l'Ansonica o Insolia. Con questa varietà d'uva produsse "Lo Zucco", un vino moscato, profumatissimo e ad alta gradazione alcolica che, presentato all'Esposizione Nazionale di Palermo del 1892, gli fece avere un successo invidiabile. il duca d'Aumale, oltre alle varietà autoctone come il Catarratto, il Perricone introdusse la coltivazione di vitigni esteri come: il Riesling, il Sémillon Blanc, l'Alicante Bianco e il Palomino, l'uva da cui si produce lo Jerez o Sherry.
Il baglio annesso ai terreni era suddiviso in ambienti differenti per tipologia e destinazione d'uso. Più che una semplice fattoria, lo Zucco la possiamo considerare un'unità produttiva totale che dalla tenuta, organizzata come un piccolo borgo autarchico, spaziava fino ai magazzini di Terrasini, sede oggi dell'omonimo Museo Regionale, dove i prodotti erano stoccati e gestiti in attesa dell'imbarco sui velieri mercantili destinati ai mercati europei. Questa favola siciliana finisce però il 7 maggio del 1897, alla morte del nostro protagonista. Privo di discendenza diretta, il feudo venne ripartito tra gli altri eredi. Una parte spettò al pronipote Roberto Luigi Filippo, il quale portò avanti l'azienda fino al 1923. La struttura fu poi venduta ai principi di Gangi che continuarono l'attività imprenditoriale fino agli anni Cinquanta fino alla vendita a degli imprenditori che, disinteressati alla produzione del vino, strapparono quella felice pagina di storia sociale ed economica dell'isola.
La nostra favola così finisce qui, tra i ruderi di un vecchio baglio abbandonato a pochi chilometri da Palermo; ruderi pieni di storia e di storia...se soltanto le pietre potessero parlare! Note: Oggi una tra le più rinomate aziende vitivinicole della Sicilia occidentale, la Cusumano di Partinico, ha creato un vino dolce erede di quello prodotto da d'Aumale: il Moscato dello Zucco. Prodotto da cloni selezionati di Moscato Bianco, sono disponibili pochissime bottiglie numerate dai vigneti di Tenuta San Carlo. Se volete approfondire la storia di Henry d'Aumale vi consiglio di leggere il libro di Vittorio Lo Jacono, "Gli Orléans in Sicilia. Il duca d'Aumale, un luminare, Palermo, Terrasini e lo Zucco".
di Monica Cecere - blogger flâneur per Caseterrasini.com
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Una favola dell'Ottocento. Il Duca D'Aumale e il Feudo dello Zucco
"Di una storia è vero solo quello che l'ascoltatore crede". Hermann Hesse
La favola che mi appresto a raccontarvi è realmente accaduta in Sicilia due secoli fa, il cui protagonista non è un principe bensì un duca: Enrico Eugenio Filippo Luigi d'Orléans, duca d'Aumale.
Altro importante protagonista di questa favola è un pezzo di terra di 330 ettari, posto tra i comuni di Carini, Terrasini, Montelepre, Partinico e Giardinello: il feudo dello Zucco. Questa è una favola di cui ancora si possono trovare testimonianze tra Palermo e la Francia, dove vengono custoditi documenti, progetti, tavole grafiche e reperti del tempo in cui il nobile realizzò il suo sogno imprenditoriale: produrre vini di alta qualità in Sicilia dove ancora la vinificazione era legata a procedimenti arcaici che davano prodotti "non potabili".
Henry d'Aumale era un uomo illuminato, un personaggio affascinante e poliedrico, imprenditore, bibliografo, politico, condottiero, collezionista d'arte. D'Aumale si sposò con la principessa Maria Carolina Augusta delle Due Sicilie. Proprietario dei Castello di Chantilly, aveva comunque un forte legame con l'isola e, in particolare con Palermo dove ereditò la dimora avita, il Palazzo D'Orléans, oggi sede della Presidenza della Regione Siciliana. Fu così che nel 1853, in uno dei suoi soggiorni in Sicilia, Henry d'Aumale acquistò l'ingente patrimonio dei principi di Partanna messi all'asta dalla Rothschild di Napoli.
Lo Zucco diventò una delle sue residenze di campagna e vi realizzò un avanguardistico sistema di gestione imprenditoriale del territorio, basato essenzialmente sulla coltivazione e la lavorazione dell'uva e dell'ulivo. Il duca però aveva una passione: il vino.
E così avviò allo Zucco una produzione vitivinicola all'avanguardia. Fece arrivare dalla Francia delle maestranze specializzate al fine di istruire quelle locali sulle tecniche di coltivazione "a spalliera" della vite; e degli enologi per insegnare le tecniche di vinificazione. Fu il primo imprenditore in Sicilia ad imbottigliare il vino.
Il protagonista della nostra favola fece realizzare un'estesa operazione di bonifica ed irrigazione delle terre ed impiantò alcune tra le più tipiche colture siciliane. Trasformò la fattoria in una moderna e complessa azienda, specializzata nella coltivazione di un vitigno autoctono, l'Ansonica o Insolia. Con questa varietà d'uva produsse "Lo Zucco", un vino moscato, profumatissimo e ad alta gradazione alcolica che, presentato all'Esposizione Nazionale di Palermo del 1892, gli fece avere un successo invidiabile. il duca d'Aumale, oltre alle varietà autoctone come il Catarratto, il Perricone introdusse la coltivazione di vitigni esteri come: il Riesling, il Sémillon Blanc, l'Alicante Bianco e il Palomino, l'uva da cui si produce lo Jerez o Sherry.
Il baglio annesso ai terreni era suddiviso in ambienti differenti per tipologia e destinazione d'uso. Più che una semplice fattoria, lo Zucco la possiamo considerare un'unità produttiva totale che dalla tenuta, organizzata come un piccolo borgo autarchico, spaziava fino ai magazzini di Terrasini, sede oggi dell'omonimo Museo Regionale, dove i prodotti erano stoccati e gestiti in attesa dell'imbarco sui velieri mercantili destinati ai mercati europei. Questa favola siciliana finisce però il 7 maggio del 1897, alla morte del nostro protagonista. Privo di discendenza diretta, il feudo venne ripartito tra gli altri eredi. Una parte spettò al pronipote Roberto Luigi Filippo, il quale portò avanti l'azienda fino al 1923. La struttura fu poi venduta ai principi di Gangi che continuarono l'attività imprenditoriale fino agli anni Cinquanta fino alla vendita a degli imprenditori che, disinteressati alla produzione del vino, strapparono quella felice pagina di storia sociale ed economica dell'isola.
La nostra favola così finisce qui, tra i ruderi di un vecchio baglio abbandonato a pochi chilometri da Palermo; ruderi pieni di storia e di storia...se soltanto le pietre potessero parlare! Note: Oggi una tra le più rinomate aziende vitivinicole della Sicilia occidentale, la Cusumano di Partinico, ha creato un vino dolce erede di quello prodotto da d'Aumale: il Moscato dello Zucco. Prodotto da cloni selezionati di Moscato Bianco, sono disponibili pochissime bottiglie numerate dai vigneti di Tenuta San Carlo. Se volete approfondire la storia di Henry d'Aumale vi consiglio di leggere il libro di Vittorio Lo Jacono, "Gli Orléans in Sicilia. Il duca d'Aumale, un luminare, Palermo, Terrasini e lo Zucco".
di Monica Cecere - blogger flâneur per Caseterrasini.com
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Una favola dell'Ottocento. Il Duca D'Aumale e il Feudo dello Zucco
"Di una storia è vero solo quello che l'ascoltatore crede". Hermann Hesse
La favola che mi appresto a raccontarvi è realmente accaduta in Sicilia due secoli fa, il cui protagonista non è un principe bensì un duca: Enrico Eugenio Filippo Luigi d'Orléans, duca d'Aumale.
Altro importante protagonista di questa favola è un pezzo di terra di 330 ettari, posto tra i comuni di Carini, Terrasini, Montelepre, Partinico e Giardinello: il feudo dello Zucco. Questa è una favola di cui ancora si possono trovare testimonianze tra Palermo e la Francia, dove vengono custoditi documenti, progetti, tavole grafiche e reperti del tempo in cui il nobile realizzò il suo sogno imprenditoriale: produrre vini di alta qualità in Sicilia dove ancora la vinificazione era legata a procedimenti arcaici che davano prodotti "non potabili".
Henry d'Aumale era un uomo illuminato, un personaggio affascinante e poliedrico, imprenditore, bibliografo, politico, condottiero, collezionista d'arte. D'Aumale si sposò con la principessa Maria Carolina Augusta delle Due Sicilie. Proprietario dei Castello di Chantilly, aveva comunque un forte legame con l'isola e, in particolare con Palermo dove ereditò la dimora avita, il Palazzo D'Orléans, oggi sede della Presidenza della Regione Siciliana. Fu così che nel 1853, in uno dei suoi soggiorni in Sicilia, Henry d'Aumale acquistò l'ingente patrimonio dei principi di Partanna messi all'asta dalla Rothschild di Napoli.
Lo Zucco diventò una delle sue residenze di campagna e vi realizzò un avanguardistico sistema di gestione imprenditoriale del territorio, basato essenzialmente sulla coltivazione e la lavorazione dell'uva e dell'ulivo. Il duca però aveva una passione: il vino.
E così avviò allo Zucco una produzione vitivinicola all'avanguardia. Fece arrivare dalla Francia delle maestranze specializzate al fine di istruire quelle locali sulle tecniche di coltivazione "a spalliera" della vite; e degli enologi per insegnare le tecniche di vinificazione. Fu il primo imprenditore in Sicilia ad imbottigliare il vino.
Il protagonista della nostra favola fece realizzare un'estesa operazione di bonifica ed irrigazione delle terre ed impiantò alcune tra le più tipiche colture siciliane. Trasformò la fattoria in una moderna e complessa azienda, specializzata nella coltivazione di un vitigno autoctono, l'Ansonica o Insolia. Con questa varietà d'uva produsse "Lo Zucco", un vino moscato, profumatissimo e ad alta gradazione alcolica che, presentato all'Esposizione Nazionale di Palermo del 1892, gli fece avere un successo invidiabile. il duca d'Aumale, oltre alle varietà autoctone come il Catarratto, il Perricone introdusse la coltivazione di vitigni esteri come: il Riesling, il Sémillon Blanc, l'Alicante Bianco e il Palomino, l'uva da cui si produce lo Jerez o Sherry.
Il baglio annesso ai terreni era suddiviso in ambienti differenti per tipologia e destinazione d'uso. Più che una semplice fattoria, lo Zucco la possiamo considerare un'unità produttiva totale che dalla tenuta, organizzata come un piccolo borgo autarchico, spaziava fino ai magazzini di Terrasini, sede oggi dell'omonimo Museo Regionale, dove i prodotti erano stoccati e gestiti in attesa dell'imbarco sui velieri mercantili destinati ai mercati europei. Questa favola siciliana finisce però il 7 maggio del 1897, alla morte del nostro protagonista. Privo di discendenza diretta, il feudo venne ripartito tra gli altri eredi. Una parte spettò al pronipote Roberto Luigi Filippo, il quale portò avanti l'azienda fino al 1923. La struttura fu poi venduta ai principi di Gangi che continuarono l'attività imprenditoriale fino agli anni Cinquanta fino alla vendita a degli imprenditori che, disinteressati alla produzione del vino, strapparono quella felice pagina di storia sociale ed economica dell'isola.
La nostra favola così finisce qui, tra i ruderi di un vecchio baglio abbandonato a pochi chilometri da Palermo; ruderi pieni di storia e di storia...se soltanto le pietre potessero parlare! Note: Oggi una tra le più rinomate aziende vitivinicole della Sicilia occidentale, la Cusumano di Partinico, ha creato un vino dolce erede di quello prodotto da d'Aumale: il Moscato dello Zucco. Prodotto da cloni selezionati di Moscato Bianco, sono disponibili pochissime bottiglie numerate dai vigneti di Tenuta San Carlo. Se volete approfondire la storia di Henry d'Aumale vi consiglio di leggere il libro di Vittorio Lo Jacono, "Gli Orléans in Sicilia. Il duca d'Aumale, un luminare, Palermo, Terrasini e lo Zucco".
di Monica Cecere - blogger flâneur per Caseterrasini.com
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